mercoledì 30 novembre 2016

LO SQUALO SERPENTE....MILIONI DI ANNI FA NELLA CAMPAGNA TOSCANA

A Castelnuovo Berardenga sono state rinvenute centinaia di piccole zanne di un pesce estinto. "Somigliano alle anguille e potevano raggiungere i due metri di lunghezza" spiega Simone Casati che non è uno studioso, ma un volontario della Scienza della Terra. Di mestiere fa l'operaio alla Menarini Farmaceutica ma ha la passione per la paleontologia. E nel tempo libero cerca il mare nel Chianti
«Lì sotto i tuoi piedi ho trovato i denti dello squalo chlamydoselachus anguineus: a centinaia, piccoli come spilli. Sono pesci di profondità, somigliano alle anguille e potevano raggiungere i due metri di lunghezza». Sotto le suole guardando meglio in basso, affiorano piccolissime conchiglie, scaglie bianche: «Sono le tracce del passaggio del mare» dice Simone Casati che non è uno studioso, ma un volontario della Scienza della Terra. Non un professore universitario, ma uno che di mestiere fa l'operaio alla Menarini Farmaceutica, ha 45 anni e la passione per la paleontologia. Nel tempo libero c'è chi va a pesca, chi a caccia, chi si legge un libro, chi si anestetizza alla televisione: lui cerca il mare nel Chianti. 

Sembra fatto apposta per finire dentro un romanzo uno così ispido e solitario, esploratore di mondi finiti, cacciatore di dettagli e indizi sommersi dal mondo di tutti i giorni: un fossile che riemerge dalla curva di una strada, su un terreno in discesa, dentro un fosso seccato. Ossi di foca, denti di squalo, conchiglie, scheletri di balena. Il «capitano Achab» non ha mai letto Moby Dick, ma dice: «Io le balene le tiro fuori dalla terra, non le vado a cacciare in mare». Fruga nei passati remoti degli strati geologici, setaccia cave e campi, consulta carte e poi con i suoi Gamps del gruppo Avis Mineralogia e Paleontologia di Badia a Settimo, Scandicci (non un esercito, sono in quattro), parte «con uno speciale permesso della soprintendenza archeologica», perché «non è che tutti possono mettersi in cerca di pesci preistorici».

Servono istruzioni. Non sempre poi si pesca qualcosa, anzi in genere gli insuccessi superano di gran lunga i ritorni coi "retini" pieni di fossili. «Partiamo la mattina presto - racconta Luca Berti, 25 anni, amministratore in una ditta di trasporti, compagno di spedizioni nel Gams - con la luce dell'alba e soprattutto dopo che è piovuto i reperti si vedono meglio. A volte stiamo ore a guardare la terra, a volte torniamo dopo mesi nello stesso posto per vedere se le nuove piogge e l'erosione hanno fatto emergere qualcosa». Perché loro non sono come gli archeologi che si mettono a scavare, al massimo con una paletta scansano il terriccio, lo spolverano, aspettano che i pesci tornino a galla da soli. O quasi. I dentini dello squalo anguineus non sono che l'ultimo dei reperti recuperati assieme a due altri cercatori dello stesso gruppo, Marco Zanaga e Franco Gasparri. «In passato abbiamo rintracciato i resti di una balena a Montalcino a Villa Banfi dove si produce il Brunello, nel 2008 un delfino fossile ad Asciano e prima ancora a Pienza». Una collezione di scheletri che, in parte è nelle stanze del museo che il Gams ha nella sede di Scandicci, in parte sparsa in altri musei. 

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