Come
sappiamo bene, Firenze è una città molto antica fondata dai Romani nel I secolo
a.C., indicativamente tra il 15 ed il 30 a.C.
Dopo
essere arrivati a Fiesole sulle tracce di Catilina, i Romani videro la grande
palude a ridosso dell’Arno e, dato che erano alla ricerca di nuove terre da
dare ai vecchi legionari di guerra in pensione (a seguito de la Lex Iulia
voluta da Giulio Cesare), bonificarono il territorio e costruirono una nuova colonia: Florentia.
Realizzata
sul modello del castrum, l’accampamento militare romano, la città aveva
la tipica forma di un quadrilatero, protetta da mura turrite e suddivisa
all’interno in tante insulae (isolati) create dal fitto intreccio dei
cardi e decumani minori (a Firenze esistevano sette cardi e sei decumani).
C’erano
poi il cardo maximus ed il decumano maximus, le due strade
principali che dividevano la città in quattro parti uguali e che si
incontravano esattamente al centro della città. Intorno a quest’importante
incrocio si sviluppava il foro romano, che era il cuore pulsante di ogni
città romana e che, nell’attuale arredo urbanistico, corrisponde alla
centralissima Piazza della Repubblica.
Il foro di Florentia era il centro della
vita pubblica cittadina: ospitava un mercato e i principali edifici pubblici e
religiosi, come il Tempio Capitolino (così chiamato perché dedicato alla triade
capitolina, ossia le tre divinità più importanti dell’antica Roma: Giove,
Giunone e Minerva) o il tribunale decorato con statue che rappresentavano
magistrati ed imperatori.
Intorno
alla piazza si trovavano dei portici, un po’ come oggi, che servivano come
luoghi d’incontro per le persone, ma soprattutto servivano ai maestri per
svolgere le loro lezioni. Infatti, a differenza di come siamo abituati oggi,
non esisteva un edifico chiamato “scuola”, bensì gli alunni si incontravano col
maestro e insieme cercavano un luogo adeguato in cui svolgere le lezioni
quotidiane.
Ovviamente
i portici rappresentavano il luogo ideale soprattutto nelle giornate di pioggia
o quelle particolarmente assolate. Molto spesso anche le persone che passavano
casualmente di lì si appoggiavano alle colonne ad ascoltare il maestro per
origliare e provare ad imparare qualche concetto di base. L’istruzione primaria
dell’epoca (indirizzata soprattutto ai bambini maschi) era abbastanza basica, ma
oltre a leggere, scrivere e contare si facevano imparare a memoria agli alunni
anche le leggi che regolavano la vita dell’epoca. Ogni bambino aveva con sé una
tavoletta di legno ricoperta di cera su cui si esercitavano a scrivere
incidendo la cera con un pennino (stilo) di bronzo.
Quando invece ci si doveva
esercitare nella lettura, sotto i portici del foro si alzava un gran brusio
perché all’epoca si leggeva sempre a voce alta.
Pochi erano poi quelli che
decidevano di continuare gli studi, perché la maggior parte dei bambini, una volta
imparate queste nozioni fondamentali, doveva lavorare per sopperire ai bisogni della famiglia. I
fortunati che continuavano, a partire dai 12 anni, iniziavano allora a studiare
materie più complesse come grammatica, letteratura latina e greca e la
retorica, cioè l’arte di parlare in pubblico. Questi studi avanzati non si
svolgevano più per la strada, ma nelle case degli studenti diventando quindi
delle lezioni private.
Articolo a cura di Lavinia Franceschi
www.artmidefirenze.com
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